LA BENEDIZIONE
Commissione Teatro Coccia in Prima mondialeMusica di CRISTIAN CARRARA
Libretto di Marco Malvaldi
Edizioni Sonzogno
Buoso Marcello Rosiello
Zita Francesca Mercuriali (Accademia AMO)
Gherardo Xiaosen Su (Accademia AMO)
Simone Stefano Paradiso
Rinuccio Nicola Di Filippo
Un frate Eugenio Di Lieto
GIANNI SCHICCHI
Musica di GIACOMO PUCCINILibretto di Giovacchino Forzano
Edizione Ricordi
Gianni Schicchi Marcello Rosiello
Lauretta Beatrice Caterino (Accademia AMO)
Zita Francesca Mercuriali (Accademia AMO)
Gherardo Xiaosen Su (Accademia AMO)
Nella Zi Jing (Accademia AMO)
Gherardino Giulio Ongeri
Betto di Signa Eugenio Di Lieto
Simone Stefano Paradiso
Marco Lorenzo Liberali
La Ciesca Mariateresa Federico (Accademia AMO)
Maestro Spinelloccio/Ser Amantio Ranyi Jiang
Guccio Alberto Parola
Pinellino Jesus Noguera
Buoso Donati
Rinuccio Nicola Di Filippo
Direttore Vittorio Parisi
Regia Teresa Gargano
Scene Lorenzo Mazzoletti
Costumi Silvia Lumes
Luci Ivan Pastrovicchio
Orchestra Bazzini Consort
Coproduzione con Lirica Tamagno
l vecchio Buoso Donati è in fin di vita da mesi e i parenti non ne possono più: decidono di eliminarlo, ma una fazione vorrebbe avvelenarlo mentre l’altra andrebbe sul classico, con un bel sicario, una coltellata e via. Ma fare entrare un estraneo in casa non sarà facile: Buoso è diffidente e non fa avvicinare nessuno. Però anche i parenti non si fidano l’uno dell’altro e ognuno vuole fare di testa sua. Così, mentre gli uni preparano una zuppa avvelenata, altri trovano un sicario alla taverna e lo trasvestono da frate confessore per non destare sospetti. Quale delle due fazioni vincerà? Buoso verrà veramente ucciso dai suoi familiari? E perché decide di lasciare i suoi beni al Convento di Santa Reparata? “La Benedizione” svela, in maniera leggera e grottesca, tutto quello che è avvenuto a Buoso Donati prima che la sua morte inneschi la vicenda di “Gianni Schicchi”. Dalla penna di Marco Malvaldi, con la musica di Cristian Carrara, nasce un’opera buffa, ma non troppo, dai contorni gotici con timide tinte di giallo. Scarica il libretto
La “Benedizione” e “Gianni Schicchi”, un dittico formato da un’opera commissionata ad hoc dal Teatro Coccia e da una conosciuta da melomani e non, infatti chi non ha mai ascoltato anche per puro caso la celebre aria “Oh mio babbino caro”?
In occasione del centenario della morte di Puccini, in tutti i cartelloni delle stagioni teatrali del 2024 vediamo almeno un titolo pucciniano, ma il Teatro Coccia ha fatto di più, ha commissionato una nuova opera da affiancare a Gianni Schicchi, ed è nata “La Benedizione” composta da Cristian Carrara su libretto di Marco Malvaldi, che finalmente ci spiega l’antefatto dello Schicchi, un prequel, “La Benedizione”, che svela, in maniera leggera e grottesca, tutto quello che è avvenuto a Buoso Donati prima che la sua morte inneschi la vicenda di “Gianni Schicchi”. Ed è proprio la sua comicità e la usa sfumatura grottesca che ha portato il team di regia ad ambientare le due opere in una Firenze degli anni ’90 immersa in un clima da commedia all’italiana. La comicità delle due opere si basa molto su un preciso uso del tempo comico e sulla dinamica fisica dei personaggi. La regia enfatizza il contrasto tra la solennità della situazione (la malattia e la morte di Buoso) e il comportamento dissacrante, ridicolo e isterico e spesso sopra le righe dei Donati. Ogni movimento e interazione tra i personaggi è calibrato per evidenziare il loro egoismo e la loro disperazione per l’eredità. Questa borghesia ha voglia di evolversi, di avere di più, sempre di più... e in questo panorama ribollente dove tutto sembra di nuovo possibile, la “gente nova”, un simpatico intrallazzatore come Schicchi, ha modo, eccome, di emergere e di ritagliarsi la sua fetta di torta, facendo leva sulla sua furbizia e sulla mediocrità altrui. A dir la verità “questa bizzarria” getterà all’inferno il protagonista, ma, rispetto alla sentenza pronunciata nella Divina Commedia, l’opera di Puccini concede un’ottima attenuante all’astuto Schicchi da un lato e a Buoso Donati dall’altra: il parentado di Buoso Donati è un nido di avide vipere (che progettano di ucciderlo senza pietà, si preoccupano di più per la pulizia della casa che della vita del parente), si salva solo Rinuccio con il suo amore per Lauretta, anche se è condizionato ed estremamente influenzato dai parenti che lo circondano. Truffare i “parenti serpenti” per garantire un futuro prospero ai secondi è un’ottima azione, anche se la truffa del falso testamento non solo può essere punita con esilio e taglio della mano a Firenze, ma quand’anche si sfugga alla giustizia umana non può scampare a quella ultraterrena… e se alla fine vi siete divertiti…”concedetemi voi l’attenuante”!
Teresa Gargano
In occasione del centenario della morte di Puccini, in tutti i cartelloni delle stagioni teatrali del 2024 vediamo almeno un titolo pucciniano, ma il Teatro Coccia ha fatto di più, ha commissionato una nuova opera da affiancare a Gianni Schicchi, ed è nata “La Benedizione” composta da Cristian Carrara su libretto di Marco Malvaldi, che finalmente ci spiega l’antefatto dello Schicchi, un prequel, “La Benedizione”, che svela, in maniera leggera e grottesca, tutto quello che è avvenuto a Buoso Donati prima che la sua morte inneschi la vicenda di “Gianni Schicchi”. Ed è proprio la sua comicità e la usa sfumatura grottesca che ha portato il team di regia ad ambientare le due opere in una Firenze degli anni ’90 immersa in un clima da commedia all’italiana. La comicità delle due opere si basa molto su un preciso uso del tempo comico e sulla dinamica fisica dei personaggi. La regia enfatizza il contrasto tra la solennità della situazione (la malattia e la morte di Buoso) e il comportamento dissacrante, ridicolo e isterico e spesso sopra le righe dei Donati. Ogni movimento e interazione tra i personaggi è calibrato per evidenziare il loro egoismo e la loro disperazione per l’eredità. Questa borghesia ha voglia di evolversi, di avere di più, sempre di più... e in questo panorama ribollente dove tutto sembra di nuovo possibile, la “gente nova”, un simpatico intrallazzatore come Schicchi, ha modo, eccome, di emergere e di ritagliarsi la sua fetta di torta, facendo leva sulla sua furbizia e sulla mediocrità altrui. A dir la verità “questa bizzarria” getterà all’inferno il protagonista, ma, rispetto alla sentenza pronunciata nella Divina Commedia, l’opera di Puccini concede un’ottima attenuante all’astuto Schicchi da un lato e a Buoso Donati dall’altra: il parentado di Buoso Donati è un nido di avide vipere (che progettano di ucciderlo senza pietà, si preoccupano di più per la pulizia della casa che della vita del parente), si salva solo Rinuccio con il suo amore per Lauretta, anche se è condizionato ed estremamente influenzato dai parenti che lo circondano. Truffare i “parenti serpenti” per garantire un futuro prospero ai secondi è un’ottima azione, anche se la truffa del falso testamento non solo può essere punita con esilio e taglio della mano a Firenze, ma quand’anche si sfugga alla giustizia umana non può scampare a quella ultraterrena… e se alla fine vi siete divertiti…”concedetemi voi l’attenuante”!
Teresa Gargano
Il “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini racconta una storia che parte da un fatto: la morte di Buoso Donati. La sua morte, e la donazione dei suoi beni al Convento dei frati di Santa Reparata. L’opera di Puccini è meravigliosa, ma, quando abbiamo iniziato a lavorare con Marco Malvaldi a quest’idea, ci siamo subito posti un interrogativo che probabilmente molti si sono posti: com’è morto Buoso? E, soprattutto, come mai ha donato tutti i suoi beni al Convento di Santa Reparata?
Questo interrogativo ha dato vita a quest’opera nuova, che risponde a queste due domande. E ci fa conoscere il carattere di Buoso, che nello Schicchi, per ovvie ragioni, non può parlare.
“La Benedizione” finisce laddove lo Schicchi inizia e risponde alla curiosità di molti. E permette di guardare l’opera pucciniana che segue in modo diverso, informati sui fatti.
Lavorare sul libretto di Marco Malvaldi è stato puro divertimento. Il libretto è pieno di humor intelligente, squisitamente toscano, dove la parola spesso acquisisce uno, due, tre sensi a seconda del personaggio che la sta ascoltando. Nello sviluppo della storia si generano, malintesi, incomprensioni, che coinvolgono il pubblico stesso che si trova a non capire quale delle diverse possibilità si stia effettivamente svolgendo sul palco. Fino a quando, nella scena finale. Tutto apparirà chiaro. Per il pubblico, ma non per i famigliari di Buoso.
È un’opera buffa “La Benedizione”, anche se dal punto di vista musicale ho utilizzato vari linguaggi, preferendo talvolta il tono grottesco, o quello fintamente serio, proprio perché la famiglia di Buoso, nei suoi tentativi di far fuori il parente, devono essere presi sul serio. Sono tutt’altro che macchiette.
In una finzione, che poi tanto finzione non è, “La Benedizione” racconta la complessità dei legami famigliari. Lo fa con leggerezza, perché sulle povertà delle persone, talvolta, si può anche sorridere.
Cristian Carrara
Questo interrogativo ha dato vita a quest’opera nuova, che risponde a queste due domande. E ci fa conoscere il carattere di Buoso, che nello Schicchi, per ovvie ragioni, non può parlare.
“La Benedizione” finisce laddove lo Schicchi inizia e risponde alla curiosità di molti. E permette di guardare l’opera pucciniana che segue in modo diverso, informati sui fatti.
Lavorare sul libretto di Marco Malvaldi è stato puro divertimento. Il libretto è pieno di humor intelligente, squisitamente toscano, dove la parola spesso acquisisce uno, due, tre sensi a seconda del personaggio che la sta ascoltando. Nello sviluppo della storia si generano, malintesi, incomprensioni, che coinvolgono il pubblico stesso che si trova a non capire quale delle diverse possibilità si stia effettivamente svolgendo sul palco. Fino a quando, nella scena finale. Tutto apparirà chiaro. Per il pubblico, ma non per i famigliari di Buoso.
È un’opera buffa “La Benedizione”, anche se dal punto di vista musicale ho utilizzato vari linguaggi, preferendo talvolta il tono grottesco, o quello fintamente serio, proprio perché la famiglia di Buoso, nei suoi tentativi di far fuori il parente, devono essere presi sul serio. Sono tutt’altro che macchiette.
In una finzione, che poi tanto finzione non è, “La Benedizione” racconta la complessità dei legami famigliari. Lo fa con leggerezza, perché sulle povertà delle persone, talvolta, si può anche sorridere.
Cristian Carrara
Ho sempre avuto passione per l’opera: passione e rispetto. Passione, tanto da studiare canto lirico al Conservatorio nella speranza (dovrei dire: nella convinzione) di fare il cantante. Rispetto, quando mi sono reso conto che per fare il cantante di professione occorreva una caratteristica nota come “talento” e io ne ero sprovvisto. Ma l’amore per l’opera è rimasto, e col tempo ho capito perché: mi piace, dell’opera, la sospensione del tempo e dell’ incredulità, il fatto che sia uno dei pochi, pochissimi momenti che richiedono la tua attenzione e soprattutto il tuo silenzio. Ma il rimpianto mi è sempre un po’ restato. Per cui, quando Cristian mi ha proposto di scrivere un’opera insieme, ho accettato prima ancora di pensarci. Entrare in questo mondo, sia pur dalla porta di servizio: non come cantante o direttore, non come orchestrale, non come compositore ma come librettista. Il ruolo meno importante, parliamoci chiaro: da libretti improponibili (penso al “Barbiere di Siviglia”) sono nate opere leggendarie. Per questo non parlo del libretto, e tanto meno della musica: l’opera si ascolta. Parlare di musica, diceva Frank Zappa, è come ballare di architettura.
Marco Malvaldi
Marco Malvaldi