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DOPO L’ULTIMA STANZA
PRELUDIO A BARBABLÙ

Musica di Claudio Scannavini

OPERA
IL CASTELLO DI BARBABLU’

Orchestrazione per organico orchestrale ridotto Paola Magnanini e Salvatore Passantino (Accademia AMO)
Musica di Béla Bartók
Libretto di Béla Balázs
Traduzione di Hannah Gelesz e Deda Cristina Colonna
Direttore Marco Alibrando
Regia Deda Cristina Colonna
Assistente alla regia Hannah Gelesz
Scene e costumi Matteo Capobianco
Barbablù Andrea Mastroni
Judith Mary Elizabeth Williams
Prologo Giuditta Pascucci, Carolina Rapillo
Orchestra del Teatro Coccia
Coproduzione Fondazione Teatro Carlo Coccia di Novara e Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi

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Uno degli aspetti più interessanti dell’unica opera di Béla Bartók è senz’altro quello del rapporto tra il metro verbale e quello musicale. Per la prima volta la lingua ungherese non risulta violentata e deformata dalle esigenze della musica. Kodály, grande compositore e didatta ungherese amico di Bartók, ci racconta che "fino ad oggi il contrasto continuo tra gli accenti del testo e quelli della musica è stato la regola, e quasi sempre era la musica ad avere la meglio. Bartók volle liberare la nostra lingua e rendere più musicale l’inflessione naturale della voce; egli impresse così allo stile recitativo ungherese un nuovo slancio. Per la prima volta sulle nostre scene il canto si esprime dall’inizio alla fine in un ungherese omogeneo e puro". Sin dall’inizio dell’opera i protagonisti esprimono la perpetua incomunicabilità che li separa cantando attorno a due note tra loro armonicamente lontanissime: fa diesis per Barbablù e fa naturale per Judit. Nella seconda parte dell’opera queste note si invertiranno a specchio, rivelando la costruzione a palindromo dell’opera. Nella nuova strumentazione a cura di Paola Magnanini e Salvatore Passantino, realizzata sotto la preziosa supervisione di Marco Taralli, l’orchestra può esprimersi con un ricco campionario di figure musicali stilizzate come lamenti, accenti di dolore, grida soffocate e impotenti. Gli stridori degli archi pizzicati, le rapide successioni di note dei legni, dell’arpa e del pianoforte non sono utilizzati solo per restituire l’immagine di ferri acuminati presenti ad esempio nella camera della tortura ma anche per descrivere il sangue onnipresente mediante l’uso di pungenti dissonanze (intervallo armonico di seconda minore), oppure i gelidi soffi che increspano il lago delle lacrime realizzati con una serie di rapidi e sinistri glissando di arpa, flauto e clarinetto. I particolari descrittivi improntanti al realismo che traducono in musica il claustrofobico ambiente del castello non possono che far venire in mente la celebre frase di Emilio Sala "Una musica da ascoltare con gli occhi o da vedere con le orecchie".
Esplorando ‘Il castello del principe Barbablù’ di Bela Bartok, invece del tradizionale stereotipo di spietata crudeltà uxoricida ho incontrato un personaggio complesso, tridimensionale, fortemente contrastato, umano. Alla disperata ricerca di essere amato incondizionatamente, Barbablù si sposa per l’ultima volta e cedendo alla curiosità di Judit, apre le porte delle sette stanze segrete del suo castello, svelando progressivamente le pieghe nascoste del suo carattere. Dapprima espone le caratteristiche più spaventose - aggressività, crudeltà, forza – per rivelare solo in seguito l’inattesa bellezza, l’orgogliosa grandezza, la profonda tristezza. In tutte le stanze Judit vede tracce di sangue e si convince, credendo alle dicerie sul conto del marito, che si tratti dell’evidenza delle violenze subite dalle sue mogli precedenti. Spaventata ed inizialmente prigioniera del suo stereotipato ruolo salvifico, Judit non si interessa al contenuto delle stanze ed è pronta a tutto pur di riuscire ad aprire tutte le porte, fino al finale in cui, con la scoperta delle tre mogli vive e quasi deificate, si conclama la dannazione dei due protagonisti. Paralizzati dall’incapacità di ascoltare profondamente le istanze altrui, Barbablù e Judit terminano separati e costretti in uno spazio emotivo che va riducendosi progressivamente, fino ad implodere nell’ineluttabilità di una fine senza sorprese, senza salvezza, senza scelta.
Un anno fa la direzione del Teatro Coccia ha deciso di mettere in scena il Castello del Principe Barbablù, prima ed unica opera del compositore ungherese Bèla Bartók, ma con un organico orchestrale molto ridotto, passando da un minimo di 90 elementi dell'originale ad una elaborazione per soli 23 strumenti. Orchestrare per un organico ridotto una partitura come quella del Castello del Principe Barbablù è stata sicuramente una sfida impegnativa. La musica era già stata concepita con un pensiero timbrico ben preciso: il gran numero di strumenti impiegati, offriva opportunità timbriche praticamente illimitate! Nel tradurre quindi questo lavoro sinfonico in musica da camera, l'approccio generale si è mosso in due direzioni: il primo è stato quello di conservare i colori originali, cosa possibile soprattutto in caso di passaggi solistici e momenti caratterizzanti da uno strumento in particolare. Il secondo modo di agire è stato quello di individuare il gesto, il carattere, il significato profondo di un determinato passaggio o di una ambientazione, provando quindi a ripensarlo in base alle nuove opportunità offerte dall'organico cameristico. Ogni gesto, dagli arabeschi e le volate per rappresentare le porte del Castello che sbattono al rapido rabbrividente arpeggio che accompagna la visione del lago di lacrime, come altri gesti analoghi, portano con sé un significato chiaro e traducibile anche con un numero ridotto di strumenti. Sfida nella sfida è stata quella di lavorare a quattro mani: il rischio era quello di percepire due diversi modi di scrivere dando alla luce un lavoro incoerente. Per evitare questo, come allievi del corso di composizione per il teatro musicale dell'Accademia dei Mestieri dell'Opera, abbiamo svolto prima un attento studio di analisi della partitura originale cercando i gesti fondamentali del percorso drammaturgico e fatto sì che la coerenza timbrica facesse da filo rosso per tutta l'opera. Ulteriore garanzia di questo lavoro ed intento comune è stato il nostro docente dell'Accademia AMO, Marco Taralli, che ha costantemente supervisionato le partiture affinché l'opera si muovesse in un’unica direzione e restituisse il sapore orchestrale bartokiano.
Marcp Alibrando (Messina, 1987) debutta a soli 24 anni a Firenze e da quel momento un’intensa attività lo porta a dirigere in prestigiosi Festival quali il Rossini in Wildbad (Adina), il Rossini Opera Festival di Pesaro (Duetti Amorosi) e il Festival di Spoleto (Delitto e Dovere). È stato assistente di Iván Fischer e la Budapest Festival Orchestra. A partire dalla stagione 2021/22 sarà il Direttore Musicale di VoceAllOpera. Tra i prossimi impegni per il 2021 segnaliamo Carmina Burana all'isola d'Elba, un concerto con musiche di Tchaikovsky, Respighi, Verdi e Puccini con l'Orquesta sinfónica de Guanajuato in Messico, Il Castello del principe Barbablù al Teatro Coccia di Novara ed a Jesi per la Fondazione Pergolesi Spontini, un concerto con musiche di Aranjuez e Beethoven con la Filarmonica Campana ed il Gran concerto di San Silvestro con l'Orchestra del Teatro Olimpico di Vicenza. Prossimamente debutterà al Teatro Filarmonico di Verona con l'orchestra della Fondazione Arena di Verona, al Teatro Massimo di Palermo con La cambiale di matrimonio, con l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala alla Royal Opera House Muscat (Oman) dirigendo Ahmed – The lion of the sea di Alberto Colla. Nelle prossime stagioni dirigerà, co-prodotto da vari teatri italiani, C’era due volte il Barone Lamberto su libretto di Alberto Mattioli e musica di Alberto Cara, vincitore del concorso CompositoriAllOpera organizzato da VoceAllOpera. Come Direttore Principale Ospite dell’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele di Messina ha diretto numerosi concerti sinfonici, opere (La Bohéme) e balletti (La Pastorale di Beethoven coreografata da Micha van Hoecke). Grazie ad una naturale predisposizione per gli autori del primo '900 - in particolare Bartók, Stravinsky e Ravel - Marco ha diretto Il Castello del Duca Barbablù con l’Orchestra Sinfonica G. Verdi “laVerdi” di Milano per EXPO 2015. Dal 2011 ad oggi ha diretto inoltre l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, l’Orchestra Sinfonica G. Verdi “laVerdi” di Milano, l’Orchestra del Teatro F. Cilea di Reggio Calabria, Delitto e Dovere di Alberto Colla al Festival di Spoleto e al Teatro Coccia di Novara per la regia di P. Gavazzeni e P. Maranghi (trasmessa da Sky Classica HD), Obiettivo Orchestra - su invito di Gianandrea Noseda in collaborazione con la Filarmonica del Teatro Regio di Torino, Norma al Teatro del Popolo di Castelfiorentino, il dittico Suor Angelica e Billy Budd (Ghedini) presso la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, La Cenerentola per VoceAllOpera con la regia di G. Aliverta, Beatrice di Tenda a Tenda, Rossini il buongustaio al Teatro Nazionale dell’Albania di Tirana, la IX Sinfonia di Beethoven al Teatro F.Cilea di Reggio Calabria, La maschera di Erato – l’Opera show scritto e diretto da Mario Acampa - (Fondazione CRT - Accademia Perosi). Il 29 ed il 30 settembre 2019 ha diretto l'Eroica di Beethoven con l'Orchestra dei Talenti Musicali della Fondazione CRT alle OGR di Torino ed al Teatro di Biella e, successivamente, Ami e Tami di Matti Kovler al Teatro Coccia di Novara. L'1 gennaio 2020 ha fatto ritorno sul podio del TVE di Messina con Giuseppe Andaloro al pianoforte. Nel febbraio 2020 ha diretto L'Italiana in Algeri per VoceAllOpera con la regia di G. Aliverta e inciso L’Anfora di Clio, il nuovo Opera Show scritto e diretto da M. Acampa. Sempre nel 2020 ha diretto due concerti con la Filarmonica di Rovereto debuttando al Festival Settenovecento con musiche di Stravinsky e Beethoven, Il Tabarro per l’apertura di stagione a Sassari con la regia di P. Gavazzeni e P. Maranghi e due concerti con l’Orchestra dei Talenti Musicali della Fondazione CRT con Sandro Cappelletto (voce narrante). È ospite regolare dell’Orchestra di Toscana Classica e l’Orchestra da Camera Fiorentina. Ha studiato direzione d’orchestra con Gianandrea Noseda, Gianluigi Gelmetti, Vittorio Parisi, Lutz Köhler, Antonino Fogliani, Donato Renzetti, Romolo Gessi e Giuseppe Lanzetta. Si è diplomato col massimo dei voti e la lode in Direzione d’orchestra al Conservatorio “G. Verdi” di Milano dove si è anche diplomato in Composizione con D. Lorenzini e G. Possio. Si è inoltre diplomato in Pianoforte presso il Conservatorio della sua città con A. Salpietro. È stato inoltre assistente di Giuliano Carella, Domingo Hindoyan e Antonino Fogliani.
Deda Cristina Colonna è regista e coreografa ed il suo repertorio d’elezione sono l’opera del XVII e XVIII secolo e l’opera contemporanea. Il suo stile è profondamente influenzato dalla sua esperienza di palcoscenico come danzatrice ed attrice, con una competenza specifica per la danza barocca, il gesto retorico e la recitazione in stile. Basata sulla pratica scenica storicamente informata, la sua regia ricerca il contatto con il pubblico odierno attraverso un linguaggio moderno, influenzato anche dalla recitazione in prosa e dal teatro contemporaneo. Deda Cristina Colonna si è diplomata in danza classica presso il Civico Istituto Musicale Brera (Novara) e l’Ecole Supérieure d’Etudes Chorégraphiques (Parigi). Si è laureata alla Sorbonne, specializzandosi in Danza Rinascimentale e Barocca. In seguito si è diplomata alla Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova ed ha recitato in produzioni da Shakespeare a Cecov e Genet in Italia, Francia e Germania. Ha lavorato con la compagnia Theater der Klänge (Düsseldorf) ed è stata solista e coreografa ospite con la New York Baroque Dance Company. Ha messo in scena e coreografato numerosi titoli, tra i quali: Ottone in Villa di A. Vivald (Copenhagen Opera Festival: nominata al Premio Reumert di Copenhagen come migliore opera nel 2014), Il Giasone di A. Cavalli e Il Matrimonio Segreto di D. Cimarosa (Drottningholm Slottsteater), L’Incoronazione di Poppea di C. Monteverdi e Gesualdo-Shadows del contemporaneo Bo Holten (Copenhagen Royal Opera/Takkelloftet), la coreografia Fortuna Desperata con Francesco Vezzoli e David Hallberg (inaugurazione Performa, New York 2015), Didone Abbandonata di L. Vinci (Opera di Firenze/Maggio Musicale Fiorentino), Armide di J.B. Lully (Innsbrucker Festwochen der Alten Musik/Musikfestspiele Potsdam Sanssouci, Warszawska Opera Kameralna, vincitrice del Premio Olsnienia Roku: Migliore coreografia 2017 e Premio Internazionale Giuseppe Di Stefano 2018, Instituto Superior de Arte del Teatro Colon 2019), La Fiera di Venezia di A. Salieri (SWR Schwetzinger Festspiele), L’Europa di G. Melani (Musikfestspiele Potsdam Sanssouci), Il Giustino di A. Vivaldi (Naestved Early Music Festival), Il Ritorno di Ulisse in Patria di C. Monteverdi (Teatro Olimpico di Vicenza), Le nozze di Figaro di W.A. Mozart e Il barbiere di Siviglia di G. Rossini (Auditorio de Palma de Mallorca 2017, 2019), Lesbina e Milo (Teatro G.B. Pergolesi, Jesi 2020), Nina, pazza per amore di G. Paisiello, Comala di P. Morandi e Zebran di T. Monnakgotla (2016, 2021 Vadstena Akademien – Stockholm). Ha creato ed interpretato lavori originali, tra i quali Voluptas Dolendi – I Gesti del Caravaggio, Sidereus Nuncius – Galileo e la luna ed Alltid Densamme con l’arpista Mara Galassi. Insegna danza barocca, gesto e recitazione da oltre 25 anni ed ha tenuto corsi e masterclasses in varie Istituzioni in Italia e all’estero. Nel 2014 è stata Guest Visiting Professor alla University of Stockholm/Performing Premodernity. È stata Direttrice della Scuola di Danza del Civico Istituto Brera di Novara dal 2008 al 2013. Le sue ricerche in danza barocca sono state pubblicate negli atti di vari convegni internazionali e nella stampa specializzata. Dal 2021 è Direttrice della Scuola di Danza dell’Accademia G. Marziali di Seveso. Dal 2021 è docente di Gestualità e Tecniche Storiche della Recitazione presso la Schola Cantorum Basiliensis. È presidente dell’associazione culturale La Terza Prattica, con la quale realizza spettacoli, concerti ed opere d’arte che rappresentano un percorso attraverso ed oltre l’approccio filologico del repertorio antico. È membro dell’Accademia degli Intermedi, gruppo di studio italiano sulla danza antica. Lavora in italiano, inglese, francese, tedesco e spagnolo.
Matteo Capobianco, in arte Ufocinque, nasce a Novara nel 1981. Dal 1994 protagonista attivo della scena writing e poi street-art italiana, con numerosi interventi di wall-painting. Dopo gli studi di Disegno industriale al Politecnico di Milano, inizia un percorso di fusione tra arte e progetto. Questo lo porta ad avvicinarsi alla scenografia teatrale, realizzando da prima singoli elementi scenici per l'opera lirica fino ad intere scenografie, in una continua ricerca di tecniche materiali e soluzioni. La volontà di diversificarsi dal muro si fonde con l'esperienza di set-designer portandolo a creare grandi installazioni in carta ritagliata a mano, consentendogli di allestire e trasformare interi ambienti senza intaccarli, rendendo la luce coprotagonista dell'opera. Realizza dal 2007 numerose installazioni, sia in ambito artistico con mostre personali, che allestimenti per eventi. Centrale nella sua visione è il tema del “layer”, della lettura dello spazio in piani dimensionali, il layer è usato per realizzare una molteplicità di livelli interpretativi in cui le tecniche di pittura tradizionale si fondono nell'unitarietà del progetto personale. La “forma” non è mai staccata dalla “funzione”, ma si sostengono l'uno con l'altro per creare un onirico mondo sospeso.
Il basso italiano Andrea Mastroni ha iniziato la sua formazione musicale come clarinettista prima di passare agli studi vocali dove si è laureato all'Istituto Claudio Monteverdi di Cremona. Tra i suoi premi figurano il premio Mario Basiola (2005), il premio Giuseppe Di Stefano (Trapani) per la sua interpretazione di Sparafucile Rigoletto, il premio Bibiena (Mantova) (2007) e il XXXVII Premio Franco Abbiati per la sua interpretazione nell'Aquagranda di Perocco al Teatro La Fenice. Il repertorio di Andrea comprende Rocco Fidelio,Seneca L'Incoronazione di Poppea,Hundung Die Walküre,Selim Il turco in Italia,Il Re di Scozia Ariodante,Daland Der fliegende Holländer,Sarastro Die Zauberflöte,Gremin Eugene Onegin,Licomede Achille in Sciro,Mustàfa Italiana ad Algeri, Il Grande Inquisitore Don Carlo, Agrippina e i ruoli principali in Don Giovanni e Don Pasquale tra molti altri. È apparso al Metropolitan Opera, all'Opernhaus di Zurigo, al Teatro Real Madrid, alla Bayerische Staatsoper, alla Deutsche Staatsoper, all'Hamburgische Staatsoper, alla Cincinnati Opera, al Theatre des Champs Elysées, al Teatro Massimo Di Palermo e alla Royal Opera House Covent Garden. Andrea ha recentemente registrato un nuovo Handel Agrippina per Erato con Il Pomo d'Oro, e il disco solista 'Melancholia' - Arie di Händel per il basso con l'Accademia dell'Annunciata.
Originaria di Filadelfia ma attualmente residente a Milano, il soprano statunitense Mary Elisabeth Williams si è laureata al Luther College dell'Iowa, dove ha cantato il suo primo ruolo operistico, interpretando Suor Angelica. Iniziando una lunga carriera di successo alla Seattle Opera, nel programma per giovani artisti, Mary Elizabeth è apparsa sul mainstage di Seattle nel ruolo di Donna Elvira nel Don Giovanni; in seguito, le sue esibizioni di Serena nel 2011-12 le hanno valso l'ambito titolo di “Artista dell'anno”, determinato dal pubblico esperto di Seattle, ed è ritornata alla Seattle Opera per ruoli come Elisabetta, Leonora e Tosca. Trasferitasi a Parigi nel 2002-2004, l'artista è diventata membro del Centre de Formation Lyrique all'Opera National de Paris, dove ha vinto il premio Lyric Artist assegnato ogni anno dal Cercle Carpeaux della Bastiglia. Vincere inoltre il primo premio al Concours Clermont-Ferrand le ha assicurato ulteriori impegni francesi, ed è apparsa come Lucy in The Telephone, Susanna ne Il Segreto di Susanna, Anna in Le Villi, e nel ruolo della protagonista Aida all'Opera en Plein Air di Parigi, ruolo che ha poi cantato all'Arizona Opera, all'Atlanta Opera e al Teatro Massimo di Palermo. Il vasto repertorio di Mary Elizabeth include i ruoli principali La Wally, Aida, Norma, Adriana Lecouvreur, così come Santuzza in Cavalleria Rusticana, Chimene in Le Cid, Odabella in Attila, Cilla in Margaret Garner tra gli altri ruoli che canta in importanti teatri d'opera europei e americani. Ha una carriera concertistica attiva e canta gran parte del repertorio vocale sinfonico standard. Altri suoi grandi successi includono la sua apparizione all'Opéra Dijon dove ha ripreso il ruolo di Abigaille nel Nabucco in una nuova produzione che aveva precedentemente inaugurato all'Opera de Lille. È tornata alla Welsh National Opera nel ruolo di Amelia in Un ballo in maschera in una nuova produzione. Altri impegni significativi includono il suo debutto come Desdemona in Otello con l'Atlanta Symphony Orchestra; ha interpretato Elisabetta in Maria Stuarda alla Deutsche Oper am Rhein e alla Welsh National Opera è apparsa come Leonora in La Forza del Destino e nel ruolo della protagonista Tosca. I momenti salienti della scorsa stagione includono il suo debutto al Vlaanderen Opera come Elisabeth in Don Carlos nella versione francese in cinque atti. Miss Williams ha poi debuttato con la Israel Philharmonic Orchestra in sette esecuzioni del Requiem di Verdi sotto la direzione di Zubin Mehta, insieme a un Concerto di Gala nel Parco davanti a oltre 30.000 persone per celebrare il suo ritiro, sempre con il Maestro sul podio. Al Festival des Saint-Denis ha cantato A Child of Our Time di Tippett diretta da Mirga Gražinytė-Tyla; è tornata negli Stati Uniti d'America alla Lyric Opera di Chicago per prepararsi a un altro debutto nel ruolo di Gutrune Götterdämmerung nella nuova produzione Ring di David Pountney. Il soprano inizia la stagione 2020-21 con un debutto al Theatre an der Wien come Serena Porgy e Bess, un ruolo che ha cantato alla Scala di Milano e alla Seattle Opera nelle stagioni passate, e al quale torna più avanti nella stagione con NDR Elbphilharmonie sotto la direzione di Alan Gilbert. Ritorna alla Welsh National Opera per apparire come Leonora ne Il Trovatore e si unisce alla CBSO per i concerti di Un Ballo in Maschera nel ruolo di Amelia. Gli impegni futuri includono il ruolo della protagonista Aida all'Opera di Cincinnati e il suo debutto come Isotta in Tristano e Isotta in un importante teatro d'opera degli Stati Uniti, seguito da vicino dalla sua apparizione nel ruolo in Francia.