FRANZ SCHUBERT
Messa n. 2 in Sol Maggiore D. 167
VITO LO RE
Sacrum op.104
Nuova Commissione in prima esecuzione mondiale
Direttore Nicolò Jacopo Suppa

Soprano Valentina Marghinotti
Tenore Xiangbo Zhang
Baritono Bing Li

Orchestra Classica di Alessandria

Maestro del coro Giulio Monaco
Coro del Teatro Coccia

Sacrum op 104 è in forma tripartita: parte dal Kyrie della liturgia classica e, attraverso la sequenza del Dies Irae, ritorna al Kyrie. Il primo Kyrie pone le basi di quella indispensabile umiltà necessaria ad affrontare qualunque percorso di crescita. Il Dies Irae è la parte più difficile ma anche più produttiva del viaggio: la difficile macerazione che si cela sempre dietro ogni cambiamento. La ripresa finale del Kyrie rappresenta invece il traguardo finale di consapevolezza raggiunto, l'accettazione della nostra limitatezza umana e, al contempo però, la presa di coscienza delle nostre infinite potenzialità.
Le voci nella polifonia, esattamente come gli uomini nel mondo, hanno una vita propria, singola e orizzontale ma è solo nel confronto e nel miscelarsi con le altre in maniera verticale che trovano il proprio posto e la propria funzione. Solo l'ultima battuta del brano non è polifonica ma fa eseguire a tutto il coro e a tutta l'orchestra la stessa nota come un auspicio finale di unità e di convergenza.
Potrebbe sembrare strano ma il pezzo non ha una valenza strettamente e necessariamente religiosa, anche se di certo approfitta di alcuni stilemi della musica sacra tradizionale per indulgere lo sguardo all'ecumenismo più ampio possibile; ecco il perchè – ad esempio – della scelta di escludere il Christe dal Kyrie. Ecumenismo talmente ampio da rivolgersi a qualunque religione, qualunque credo e qualunque credenza o convinzione, purchè intrisa di quella spiritualità necessaria – anzi, imprescindibile – per dare a qualunque atto umano la natura del Sacro, ovvero quella separazione necessaria a rendere unico, efficace, giusto e perfetto il viaggio che si è intrapreso.
Il linguaggio è ostinatamente tonale e anche le parti più contrappuntistiche non superano mai i confini di quello che io definisco il pop-sacro, ovvero la volontà di presentare della musica di ispirazione sacra senza rinunciare mai alla facile fruizione per chi ascolta, perchè la musica deve sempre andare incontro al pubblico senza isolarsi in torri d'avorio spesso pseudo-intellettuali. Non la mia musica, almeno.

Vito Lo Re