immagine Ernani

Farsa in due atti
Musica di Gaetano Donizetti
Libretto di Domenico Gilardoni

Arrangiamento di Vito Frazzi

Drammaturgia Alberto Mattioli
Direttore Giovanni Di Stefano
Regia Renato Bonajuto
Scene Danilo Coppola
Costumi Artemio Cabassi
Coreografie Riccardo Buscarini
Coreografie riprese da Giuliano De Luca
Corpo di Ballo Romae Capital Ballet

Corilla Carolina Lippo
Procolo Paolo Ingrasciotta
Mamma Agata Simone Alberghini
Luigia Leonora Tess
Dorotea Lorrie Garcia
Guglielmo Didier Pieri
Biscroma Strappaviscere Andrea Vincenzo Bonsignore
Prospero Salsapariglia Stefano Marchisio
L'Impresario Dario Giorgelè
L'Ispettore del Teatro Juliusz Loranzi

Maestro del Coro Yirui Weng
Coro del Teatro Coccia
Orchestra Filarmonica Italiana

Coproduzione con il Teatro Municipale di Piacenza e Teatro dell'Opera Giocosa di Savona

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“Le Convenienze, oggi”
Il passo che c’è fra il sublime e il ridicolo è particolarmente corto a teatro, e cortissimo in quello musicale. Non stupisce quindi che il melodramma abbia subito generato la sua satira, e quello dell’”opera sull’opera” sia diventato un genere diffusissimo cui hanno contribuito, per citare solo i maggiori, Mozart, Salieri, Cimarosa, fino a Strauss e Britten. E naturalmente Gaetano Donizetti, con le sue doppie “Convenienze e inconvenienze teatrali”, prima versione nel 1827 a Napoli, seconda nel ‘31 a Milano. Gaetano nostro era evidentemente affezionato a un testo che sbeffeggiava con ironia non feroce e alla fine quasi affettuosa un mondo: il suo.
Il problema per noi posteri è che la satira, per funzionare, non può essere archeologica. Deve cioè presentare personaggi e situazioni che il pubblico di oggi conosce. Non si può pretendere che uno spettatore del 2021 sappia che il cantante tedesco Antolstoinoloff è forse la caricatura del famoso tenore Berardo Winter o che la parte “en travesti” (al contrario, però: un uomo che fa la donna) di Mamm’Agata è ispirata alla celebre prodezza del baritono Antonio Tamburini che nel 1825 a Palermo, nell’”Elisa e Claudio” di Mercadante, cantò in falsetto anche la parte della primadonna che aveva abbandonato la recita, eseguendo perfino un duetto... da solo! In generale, le “Convenienze” raccontano un’Italia dove il teatro era il centro della vita sociale e il debutto di un’opera nuova calamitava l’interesse di un’intera città: disgraziatamente, non è più così.
Nel curare la drammaturgia di queste “Convenienze”, si trattava semplicemente di attualizzarle, posto anche che di opere se ne scrivono meno e quasi tutto il repertorio è costituito da titoli del passato, nel nostro caso anche remoto: la solita rarità barocca riemersa da uno scantinato. Il castrato diventa così un controtenore; il compositore, il direttore d’orchestra; il poeta, il regista; e l’impresario, ovviamente, un sovrintendente alle prese con i consueti problemi sindacalpolitici. Le lettere sono delle mail e si usano i telefonini. La vicenda e la musica di Donizetti rimangono però le stesse; il divertimento, anche. O almeno si spera.
"L’Opera allo specchio"
Opera metateatrale quant’altre mai, Le convenienze e inconvenienze teatrali si presta a qualsiasi attualizzazione che getti lo sguardo sulla contemporaneità. A questo ha pensato il nostro drammaturgo Alberto Mattioli, con cui ho lavorato in stretta collaborazione, e che ha “riletto” il testo. Chi vorrà, potrà riconoscere sulla scena alcuni personaggi, anche di gran rilievo, del mondo lirico odierno… tutto condito da affettuosa e sapida ironia.
I vezzi, i vizi, le virtù degli artisti sono sempre quelli, da secoli. La primadonna capricciosa, la mamma ingombrante che vorrebbe essere al posto della figlia (e Mamma Agata questa volta vorrà anche ballare, non solo cantare) il mezzosoprano che viene scambiato per un controtenore (l’eterno gioco dell’ambiguità, oggi si direbbe della fluidità…) e così via.
In fondo per quale motivo una scalcagnata compagnia teatrale non dovrebbe sognare di conquistare le tavole del Teatro Municipale di Piacenza? Tutto è realizzabile nel mondo dell’opera, del resto ci si dicono le cose più belle o più terribili cantando, limiti al possibile non sono contemplati.
Donizetti, come tutti i grandi geni della musica, ha fotografato la realtà; sono passati duecento anni, o forse no, solo due giorni.
Il nostro lavoro, con questo spettacolo, è quello di divertire dando la possibilità di osservare se stessi dentro uno specchio riflesso. Ridere degli altri sapendo ridere di noi, non c’è ricetta migliore per vivere e, a volte, per reggere gli urti della quotidianità.
In ogni caso - e credete ai maghi dell’illusione - c’è sempre una sorpresa dietro l’angolo, quando meno ve l’aspettate…